Produttivo o lavativo: l’identikit del “buon lavoratore”
Assumere persone intelligenti e dargli ordini non ha alcun senso.
Noi assumiamo persone intelligenti affinchè siano loro a dirci cosa fare.
(Steve Jobs)
Un paio di mesi fa, quasi senza accorgermene, ho “compiuto” 19 anni di carriera, iniziata alla tenera età di 20 anni circa, come consulente e imprenditore nel campo digitale.
Ho portato a galla questo dato dopo essere uscito di casa questa mattina e aver sentito, in un bar, un paio di trentenni lamentarsi – assieme al barista – della mancanza di lavoro in Italia, mentre pasteggiavano golosamente con cappuccino e cornetto.
Tutto ciò senza accelerare i neuroni per cercare soluzioni per la propria condizione disperata (ho presupposto fossero entrambi disoccupati).
In questi anni, dopo aver analizzato sotto vari punti di vista il mondo del lavoro, ho raggiunto la certezza che – anche in Italia – chi è davvero bravo, possa ottenere un lavoro di qualità. Nel caso in cui sia ancora precario, comunque è corteggiato da più aziende.
Le skills che trovi di seguito sono frutto di osservazioni soggettive e possono avere qualche “bug”… tuttavia si deve fare il primo passo.
Ho così stilato un possibile – seppur incompleto – identikit del “buon lavoratore”.
1. È capace di comprendere cosa vuole fare nella vita… e una volta che lo ha capito (da solo o con l’aiuto di qualcuno), ha le palle per seguire quella strada, a costo di soffrire 24 ore su 24 per apprendere il mestiere che ama, fare rinunce e trovare le strade possibili per renderlo remunerativo (oltre che appagante sotto altri aspetti).
2. Riesce (o almeno prova) a capire chi ha di fronte, sia egli cliente o collaboratore, ricordando sempre che – come lui – tutti hanno i loro problemi personali e possono essere demotivati, oppure arrabbiati ogni tanto. Occorre quindi essere gentili verso sé stessi e gli altri. Tuttavia sa benissimo che anche una sana aggressività è necessaria, riconosce che alzare la voce fa bene (bastone e carota, no?).
È consapevole che i problemi privati dovrebbero restare fuori dalla vita professionale ed evitare di condizionare le performance lavorative (è da robot, lo so… ma le cose vanno così nel mondo reale), tranne – ovviamente – nei momenti di pausa e di condivisione, cene aziendali e non, etc.
3. Rispetta le scadenze e anche se rimanda qualcosa ogni tanto, porta comunque a termine – in maniera precisa – ogni task entro la successiva deadline. Riconosce cosa è prioritario o urgente, mettendo in secondo piano ciò che è meno importante, non per questo tralasciandolo del tutto o dimenticandosene.
4. Si assume la responsabilità di ciò che fa, senza additare per prima cosa il prossimo. Piuttosto che lamentarsi, si concentra sulla soluzione. Sa che essere un “Mr. Wolf” rende persone uniche e fondamentali per un’organizzazione.
Quando nota di aver commesso un errore, prova a rendere migliore il suo lavoro senza scoraggiarsi e chiedendo, umilmente, aiuto a qualcuno. Tuttavia è consapevole che, se fa parte di un team e lui ha potere di delega, è co-responsabile del risultato. Infine, se il collega al quale ha assegnato il lavoro non è in grado di farlo bene, prova ad aiutarlo.
5. Guarda l’orologio solo per rispettare le scadenze, è consapevole che dare – un poco di più – gli permette di raggiungere risultati migliori e gli fa meritare il vero rispetto di colleghi, clienti e tutti i vari stakeholder della propria organizzazione.
Se il suo lavoro non viene riconosciuto, a causa di altri (ok, massima responsabilità, ma con le dovute eccezioni) le cose non vanno bene, sa che il posto in cui si trova non è (più) quello giusto.
Non ha paura di cambiare e andare avanti (altrove) per la propria strada. Per lui aver spento il computer o mettere nel cassetto i documenti di lavoro 1 minuto prima della fine dell’orario di lavoro è da “italiano medio lavativo”. Non si fa, quindi, problemi a restare 10-15 minuti in più.
Tuttavia, se non ha mai necessità di andare oltre l’orario di lavoro per completare bene un lavoro, ancor meglio: significa che è molto organizzato.
6. Sa che il posto fisso non esiste più e quindi ricorda a sé stesso – tutti i giorni – che il suo lavoro va tenuto stretto e meritato (purtroppo avere un buon lavoro è un privilegio, non più un diritto), perché c’è sempre qualcuno più bravo e meritevole dietro l’angolo.
7. Accetta le critiche e le trasforma sempre in cemento armato per la sua carriera. Grazie alle osservazioni, anche se dure da digerire, rende costantemente più solida la propria posizione di lavoro.
8. Non conosce invidia, anzi è sempre prodigo di sinceri complimenti a favore di chi realizza qualcosa di importante, utile, funzionale.
9. Ha una buona autostima, sa di poter fare bene il proprio lavoro, riconosce che la sua è una crescita costante e continua, desidera tendere all’eccellenza restando consapevole che la perfezione non esiste.
10. Ha scoperto sulla sua pelle che, prestare attenzione ai dettagli nelle piccole cose, lo aiuterà ad essere attento ai particolari anche nelle grandi cose. È una questione di atteggiamento: quanto abitui la tua mente a fare la maggior parte delle attività con attenzione, questo “allenamento” ti ripagherà positivamente.
11. Ha tanta passione e forti “perché” in grado di motivarlo, li sente nella pancia oltre che nella testa. Sa che, senza questo tipo di combustibile, non arriverà da nessuna parte. Lavora sicuramente per guadagnare denaro, ma ha grandi e intimi motivi che lo spingono a fare ciò che fa. Per capire questo concetto, consiglio di solito la lettura del libro di Simon Sinek dal titolo “Partire dal Perché”.
12. Ha tanta voglia di fare ed è fortemente propositivo, quando sta con le mani in mano soffre, trova sempre qualcosa da realizzare, costruire, mandare avanti pur di rendersi utile.
13. Sa, infatti, di “esistere” come professionista solo in funzione del prossimo, nel momento in cui è utile a collaboratori e clienti, non semplicemente perché fa parte (o pensa di far parte) di un mercato o un’organizzazione. L’io esiste solo in relazione all’utilità percepita dal tu.
14. Crede nella formazione personale e professionale, costante e continua, investe tempo e denaro per leggere tantissimo ogni giorno (romanzi, testi professionali, articoli, blog) e frequentare corsi per apprendere e aggiornarsi (corsi erogati – per cortesia – da veri professionisti con le mani in pasta e che insegnano davvero ciò che fanno, non quel che leggono sui libri la sera prima di andare a nanna).
15. Sa che deve essere PRODUTTIVO, non semplicemente impegnato. La differenza sostanziale – tra “essere produttivo” e “impegnato” – è l’ottenimento di un risultato che ripaghi le ore investite. Sei produttivo quando, concentrato come un laser verso un bersaglio, investi un’adeguata quantità di tempo per passare da un punto A (scarsità di qualcosa, che sia denaro, conoscenza o altro) a un punto B (più denaro, più conoscenza, più clienti, più amicizie, etc).
16. Riconosce l’importanza di specializzarsi e verticalizzarsi, tuttavia ha appreso l’arte della flessibilità e della elasticità, perché – oggi – a meno che non sei già in una multinazionale, difficilmente farai una cosa soltanto e dovrai essere “pronto a tutto” o quasi.
17. Capisce quando è il caso di prendersi una pausa, prende tempo per sé stesso e i suoi cari, in fondo non si vive per lavorare, ma si lavora per vivere meglio. Se il proprio mestiere rovina la vita e ci logora, non è quello giusto oppure non si è all’interno di un buon ambiente lavorativo.
18. Il curriculum… sa che è un importante strumento per presentarsi, ma oggi tende ad essere abbastanza inutile. Se desideri approfondire, leggi “Social Recruiting: il curriculum vitae non basta più“. Spesso non siamo noi a cercare lavoro, bensì è il lavoro che trova noi, secondo un principio preso in prestito dall’inbound marketing, come spiego durante i miei corsi di web marketing.
Concludo con un’osservazione: è vero che ci sono tante difficoltà a trovare il mestiere dei propri sogni, non tutti i datori di lavoro sono bravi e onesti, so bene che tutti dobbiamo arrivare alla fine del mese e le mille difficoltà della vita ci impongono di fare scelte dure, come accettare #lavoridimerda. Credo, tuttavia, che proprio le difficoltà e i problemi che abbiamo siano trasformabili in “Validi Perché” per emergere, per fare ciò che ci piace, per trovare soluzioni anche in parallelo al lavoro (che non ci piace) che si sta facendo. È tutta questione di voler fare… perché se non hai voglia di fare niente, preferisci continuare a vivere col freno a mano tirato e lamentarti dalla mattina alla sera, lascia stare.
Ad maiora!